"L'oro del vecchio"

Leggenda: "L'oro del vecchio" in Val di Breguzzo

Lo sapevi che nelle Giudicarie puoi andare alla ricerca dell'"oro"? 

No, in effetti non è proprio così... ma il ciclo alla scoperta delle leggende delle Giudicarie ci porta in valle di Breguzzo: una delle maggiori valli laterali delle Giudicarie inferiori.

Un'area che potrai conoscere meglio grazie a Frank Salvadoriarcheologo appassionato di storia e cultura locale: «la Val di Breguzzo è situata nel Parco Naturale Adamello Brenta e si divide in due parti - spiega - la valle d’Arnò, attraversata dal torrente Roldòne, e l’alta val di Breguzzo suddivisa a sua volta in una serie di ulteriori piccole valli che si aprono a quote differenti di cui la principale è la valle di Trivena, dove si trova l’omonimo rifugio».

Ed è qui che si concentra il racconto che andremo a scoprire: un luogo dove accanto alla natura rigogliosa ed al divertimento all'aria aperta al Breg Adventure Park c'è un sorprendente intreccio con l'attività "mineraria"...

«Fin dai tempi antichi - sottolinea Salvadori - la VaI di Breguzzo è stata oggetto di attività minerarie, ma è l’ultima delle imprese minerarie, avvenuta nel corso dell’800, quella che più sembra aver influenzato la nascita della favola che andremo qui a scoprire: "L'oro del Vecchio"».

Un racconto che ha come protagonista un vecchio... ed un filone d'oro!

«Anche oggi - commenta Frank - si possono seguire le tracce di questa favola. Si può partire dal Breg Adventure Park e seguendo un breve e facile percorso pianeggiante, si raggiunge la località Dispènsa dove si incontrano il Rio Roldone ed il torrente Arnò. Qui nel 1862, con l’istituzione del Consorzio minerario di San Pietro, venne costruita una solida ed ampia costruzione in granito dotata di impianto di frantumazione del minerale ed utilizzata anche come magazzino».
Oggi in questo luogo c'è la centrale idroelettrica del comune di Sella Giudicarie e di quell'edificio minerario rimangono poche labili tracce. «Da questo punto però - prosegue Salvadori - si possono intravedere i luoghi interessati dalle attività estrattive di fine Ottocento. Sul fianco destro della montagna, infatti, si estende il Canale di Coel, nel quale furono realizzate in quegli anni le due gallerie principali per l’estrazione del minerale denominate di Santa Maria e di San Pietro, mentre seguendo il percorso del fiume d’Arnò ci si inoltra nell’alta val di Breguzzo, dove si trovano altri luoghi minerari più pertinenti alle località citate nella favola».

Seguendo il corso del torrente Arnò, lungo la strada che conduce al rifugio Trivena, si raggiunge poi la Malga Acquaforta, nota per la bontà delle acque fresche e cristalline. «Di fronte alla costruzione, una piccola baita in granito e legno - spiega il nostro "accompagnatore" - sul fronte opposto della montagna si allunga la Val Agosta, un’impervia e stretta valletta all’interno della quale si trova il Bus del Gat, ovvero il punto vicino al quale il vecchietto aveva trovato la grotta in cui era custodito il filone d’oro. Le peculiarità orografiche della Val Agosta, grazie alle quali risulta difficilmente accessibile oltre che celata dal bosco agli occhi di chi non è particolarmente confidente col territorio circostante, la rendono il luogo ideale dove poter scoprire un filone di oro all’interno di una grotta e tenerne nascosta l’esistenza. La presenza di attività minerarie, nonostante la difficoltà di accesso che presenta la valle, sono dopotutto attestate dalla realizzazione da parte del Consorzio minerario di una galleria per l’estrazione del minerale».

Non si trattava però di oro... «I minerali rinvenuti - conclude Frank - erano costituiti da galena di piombo e da pirite di ferro; la prima venne inizialmente ritenuta argentifera, ma proseguendo negli scavi la percentuale di metallo nobile andò calando fino a scomparire del tutto. La progressiva maggior povertà del materiale scavato portò alla veloce cessazione dell’attività estrattiva, che avvenne nel 1867. Un’avventura imprenditoriale che non portò molto conforto economico agli abitanti della valle di Breguzzo. Per loro non rimaneva altro che chiedersi dove si celasse il filone più prezioso, quello che nemmeno il Consorzio era riuscito a scoprire, nonostante avesse realizzato una galleria in quella scoscesa e solitaria Val Agosta, ma il cui filone rinvenuto si dimostrò costituito da minerali assai meno nobili dell’oro scoperto dal vecchio».

L'oro del vecchio

L'aveva trovata in un giorno chiaro di sole, scavando in una grotta in Val Agosta, nei pressi del Bus del Gat. L'aveva trovata per caso e ora non credeva ai propri occhi. Il vecchietto, che ogni mattina lasciava la sua povera catapecchia, a Breguzzo, per risalire il torrente Arnò in cerca di funghi o anche solo d'un po' di legna con la quale accendersi il fuoco la sera, adesso era senza parole. «Una vena d'oro!» sussurrò asciugandosi la fronte imperlata di sudore. «Una vena d'oro tutta mia!» Certo, il vecchio sapeva bene che in Val di Breguzzo, tra Ponte Arnò e malga Trivena, un tempo assai lontano avevano lavorato molti minatori, attirati lassù dal prezioso metallo. Ma se n'erano andati da secoli ormai, lasciando la valle ai pastori e alle vacche. Che cosa lo avesse spinto a entrare proprio in quella caverna e a martellare la roccia con il primo sasso a portata di mano, non avrebbe saputo dirlo. Eppure eccola lì, la vena: un grosso e sinuoso serpente giallastro, che riluceva sul nero cupo e opaco della pietra e che si perdeva nell'oscurità impenetrabile della grotta più fonda. Da quel giorno la vita del povero vecchio cambiò. Non più ogni mattina ma ogni sera, adesso, partiva da Breguzzo con una cesta vuota al braccio e un piccone nascosto sotto al tabarro. Raggiungeva la sua grotta e lavorava fin quasi all'alba, riempiendo il cestino di minuscole pietruzze d'oro. Poco prima di mezzogiorno rientrava a casa, correva subito a nascondere il suo tesoretto in cantina e poi se ne andava a dormire qualche ora, per essere pronto a ripartire al tramonto. La gente del paese cominciò ben presto a mormorare. Chissà dove andava, il vecchio, ogni notte... e perché una volta al mese spariva per due o tre giorni, per poi riapparire magari con un cappello nuovo, con un paio di scarpe belle lucide e un pastrano cucito di fresco? Nessuno poteva saperlo, ma ogni quattro settimane il nostro cercatore misterioso riempiva due bisacce belle robuste con tutto l'oro raccolto, le metteva in groppa al suo asinello e scendeva fino a Brescia, ove scambiava il tesoro con denaro, viveri e quant'altro gli potesse servire. Non lo sorprese mai nessuno sul fatto e soltanto in punto di morte confidò, all'unico amico che possedeva, il luogo esatto della grotta in cui aveva trovato quel grosso filone d'oro. Non sappiamo però se disse il vero, se si fidò a tal punto dell'amico, da dirgli il punto esatto in cui scavare. Fatto sta che in molti cercarono quell'oro, in Val Agosta, al Bus del Gat (la Grotta del Gatto) e nei dintorni, ma fino a oggi nessuno ha avuto fortuna!

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