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Giovani, montagna e sogni d'oro

Autore: Silvia Ongari

Ci sono stelle che nascono nel silenzio e nella tranquillità dei piccoli paesi di montagna.

Giorgia Pollini è una di queste: classe 2008, grandi occhi marroni e un viso che cela una certa timidezza, da non confondere con mancanza di grinta – perché Giorgia, di grinta, ne ha da vendere. Cresciuta a Pelugo, in Val Rendena, un piccolo paese dove tutti si conoscono, ha iniziato fin da bambina a salire sui monti sopra casa con i genitori. Dietro la riservatezza, una determinazione ferma e silenziosa, la stessa che l’ha portata sul tetto del Mondo con la conquista dell’oro ai Mondiali Under 18 di sci alpinismo a Morgins. Al suo fianco, nella stessa Nazionale, c’è Umberto Ferrazza, classe 2006, talento in crescita che passo dopo passo sta conquistando il suo spazio nel panorama internazionale. Due giovani campioni che rappresentano il futuro di uno sport autentico e duro come la montagna che lo ospita.

Quando avete iniziato ad avvicinarvi al mondo dell’alpinismo? Il primo ricordo sugli sci?

G: Quando ero una bambina i miei genitori andavano quasi tutte le domeniche a fare sci d’alpinismo. Un giorno, a sette anni, decisero di portarmi con loro. Ricordo ancora che era una di quelle sere in cui alcune piste rimangono aperte per lo skialp in notturna. Caddi molte volte mentre salivo perché non riuscivo a trovare il ritmo giusto con gli sci. Da quel giorno, ogni volta che i miei partivano, chiedevo di poter andare con loro.

U: Mi sono avvicinato allo sci alpinismo nel 2020, l’inverno del Covid. Le piste erano chiuse e mia sorella mi regalò un paio di sci d’alpinismo: da lì è iniziato tutto. Ho cominciato a uscire in montagna per divertimento, alla ricerca di neve fresca e silenzio. Col tempo ho capito che quello era il mio mondo: lo sci alpino non mi dava più le stesse emozioni, mentre lo sci alpinismo mi faceva sentire libero.

Quando avete capito che questo sport sarebbe potuto diventare più di una passione?

G: L’avventura ha avuto inizio alle scuole medie ed è proseguita con l’iscrizione al liceo della montagna e l’ingresso nel Brenta Team. Le uscite aumentavano, la domenica o nei ritagli di tempo dopo scuola. Ogni volta, mi divertivo di più. Mi piaceva l’idea di andare in salita e poi scendere, quella sensazione mi dava una soddisfazione diversa.

U:L’ho capito quando mi sono sentito parte di una comunità. Grazie a persone come Rino Pedergnana e Ivan Antiga, che mi hanno accolto e sostenuto come in famiglia, ho visto che lo sci alpinismo non era solo sport o fatica, ma anche condivisione e amicizia. In quel momento ho deciso di crederci davvero.


E la prima esperienza in Coppa del Mondo? Che emozioni avete provato?G: La mia prima gara di Coppa del Mondo è stata in Valle d’Aosta, a Crévacol. Era una sprint. La sera prima ero super agitata e la mattina un fascio di nervi, ma una volta partita per le qualifiche è andato tutto benissimo: ho fatto il miglior tempo e in finale sono arrivata seconda, dietro la cinese Ani Pumi. È stata un’emozione incredibile. Sapevo che nella sprint potevo cavarmela bene, perché è la mia disciplina preferita, ma arrivare seconda alla prima gara di Coppa del Mondo non me lo aspettavo.

U: È stata nella stagione 2023, a Crévacol. Gli altri avevano molta più esperienza, quindi ero emozionato e un po’ impacciato. Ma è stata un’avventura bellissima, piena di emozioni e insegnamenti: la mia prima vera esperienza internazionale, che porterò sempre con me.

Come vedete il futuro dello sci alpinismo tra i giovani?G: L’ambiente è bello perché ci si trova tutti assieme e con la stessa passione. In Italia i giovani praticanti sono pochi rispetto ad altre nazioni come Svizzera, Spagna e Francia. Bisognerebbe promuovere maggiormente lo sci alpinismo, trasmettendo ai ragazzi che la fatica è bella e alla fine ripaga.

U: È ancora uno sport poco conosciuto, e questo mi dispiace. Molti non immaginano quanta dedizione richieda, ma chi lo prova capisce subito la sua bellezza: la libertà, la natura, la sfida con se stessi. Servirebbe una più ampia visibilità per farlo apprezzare davvero.

Che cosa fate per staccare la testa dallo sport?G: Anche se lo sport mi prende tanto, riesco comunque a staccare ogni tanto. Mi piace cucinare e uscire con gli amici. Certo, qualche rinuncia bisogna farla – a volte non esco perché il giorno dopo ho allenamento o una gara, o magari salto una festa per un raduno – ma alla fine ne vale la pena. Tutto torna in soddisfazione.

U: Sto con la mia famiglia e le persone che mi vogliono bene. Con loro riesco a ritrovare equilibrio e serenità, e mi ricarico per affrontare tutto con più di leggerezza.

Cosa vi aspetta nella stagione 2026?G: Parteciperò al circuito di Coppa Italia, ai Campionati Italiani, e poi ci saranno le tappe della Coppa del Mondo: Germania, Norvegia, e i Mondiali in Francia. Una delle cose belle di questo sport è il viaggiare: vedere posti nuovi, respirare l’aria di un luogo diverso, anche se non c’è tempo per visitarli davvero.

U: Tanta fatica! (ride).

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