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L’artigiano Del Disegno Su Pelle


A Tu Per Tu Con Eliseo

L’artigiano Del Disegno Su Pelle

Eliseo Franchini, si racconta tra passioni, arte e artigianalità. un rituale tra estetica ed esperienza che si “imprime” ed esprime nella bellezza di un tratto indelebile e perfetto.

Origini di un mestiere: curiosità, tecnica e pelle Dove nascono la tua arte e la tua passione per il tattoo? Ho la passione del disegno fin da piccolo, ho fatto l’Istituto d’arte a Trento e lavorato come illustratore in un’agenzia di pubblicità. La passione per il tatuaggio è nata un pò per curiosità, iniziando ad illustrare immagini per alcune riviste di tatuaggi. Era la fine degli anni ’90, inizi del 2000. All’inizio l’ho presa un po’ come una sperimentazione, una materia nuova su cui lavorare, la pelle. Ai tempi, in effetti, non ero un appassionato di tatuaggi, è stata la pura curiosità di provare questo nuovo tipo di “tessuto”.

Cos’è per te l’arte e cosa significa essere un tatuatore? Se penso al tatuaggio, ho una visione, più che di arte, di artigiano. Il tatuatore per me è una forma di artigianato, vai ad imprimere su pelle quello che il cliente cerca di spiegarti e di trasmetterti. L’arte per me è nel disegno libero, nei quadri che realizzo, dove mi lascio trasportare. Mi piace confrontarmi con la persona, ascoltare la sua storia, capire dove nasce l’idea e perché. È qualcosa di emozionale, una sorta di collaborazione.

Da dove prendi l’ispirazione per la tua arte? Dal legame che ho con le montagne. Questo aspetto lo ritrovo poi anche nel mondo del tatuaggio.

C’è una crescente tendenza a farsi tatuare elementi della natura, perchè forse non c’è nient’altro di così bello e perfetto. Cosa ne pensi? Oggigiorno abbiamo tantissimi impulsi. Penso a quante immagini scorrono su tablet e cellulari, immagini molto simili tra loro, che formano poi una tendenza, un trend che è creato dal marketing. Penso che questo stile che si ispira alla natura nasca più da un’influenza generalizzata.

Da rito underground a fenomeno di massaTi sei mai rifiutato di fare un tatuaggio? Sì, il rifiuto è stato però a livello tecnico. Mi sono rifiutato di disegnare un’immagine che non sarebbe venuta bene. Non mi capita di dire di no a soggetti richiesti, ma piuttosto alle dimensioni.

Quanti profili delle Dolomiti di Brenta hai tatuato? Più o meno 50.

Un tempo i tatuaggi facevano paura ed erano indicatori di uno stile di vita underground e contestatore, erano un tabù o rappresentavano una sfida generazionale. Tu sei cresciuto un pò a cavallo di questa era, come l’hai interpretata? Un fenomeno sociologico secondo te? A dire il vero io mi sento un pò anacronistico e ad oggi non mi ritrovo fino in fondo in questo mondo del tattoo. Continuo a portare avanti il mio modo di pensare, però faccio fatica. Questo essere così sdoganato ha reso il tatuaggio molto commerciale. Sono un pò nostalgico. I primi anni della mia carriera ho fatto esperienze in vari studi dove chi entrava era l’eclettico, quello ai bordi della società, che però andava alla ricerca dell’esperienza e non dell’estetica. Era un approccio diverso. Oggi è meno umano. Ai tempi era una sorta di conservazione di una professione boarderline. Oggi questo atteggiamento non c’è più, è sì un fenomeno sociologico che ha un pò snaturato l’origine del tatuaggio.

Oltre 10.000 i tatuaggi disegnati fino ad oggiUn disegno per la vita. Raccontacelo… Oggi per me è più un quadro che un tatuaggio. Il quadro è per sempre, viaggia e viene conservato nel tempo, rimane anche dopo la morte. Il tatuaggio se ne va con la persona: a volte il tattoo viene coperto perché ricorda un momento della vita che non si vuole più ricordare, e poi muore con la persona. Di tutto ciò che ho creato - in 18 anni ho disegnato più di 10.000 tatuaggi - non resterà nulla. Sopravvive al tempo più un disegno su tela, una pubblicazione. Non è un caso che io sia pieno di libroni con tutti i disegni e i bozzetti dei tatuaggi.

Com’è nato HIRSCH? Era una passione un po’ nascosta, che poi ho trovato in comune con mia sorella Eva: l’idea di un marchio che rappresentasse la visione che avevo in testa. Prima c’era solo il tatuaggio, poi con Eva abbiamo iniziato ad allargare il progetto e a stampare i tatuaggi sulle magliette. A volte le mie creazioni sono appositamente pensate per la nostra linea di abbigliamento per la quale disegno e creo in modo libero. Hirsch vuol dire “cervo” [in tedesco]: il logo che ho creato però è un insieme di elementi, è nato d’impulso, c’è un legame con le rune, c’è un pò tutto il mio mondo. Il cervo mi ha sempre affascinato: è un animale dei boschi maestoso, c’è, ma lo vedi di rado, è elegante e silenzioso.

HIRSCH CONCEPT STORE                                                                                                                                        Ideato da Eliseo ed Eva Franchini (classe 1981 lui e 1987 lei, di Zuclo), Hirsch Concept Store è uno spazio dove arte e artigianalità si mescolano, in una contaminazione di sguardi, forme, creazioni, tessuti e tratti che raccontano storie e passioni. Nel cuore di Pinzolo. 

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