Maurizio Arrivabene e Noi

Autore: Alberta Voltolini

A Campiglio ha iniziato il suo percorso professionale lavorando anche all'interno dell'Azienda per il Turismo. La straordinaria carriera professionale di Maurizio Arrivabene, passa anche da Madonna di Campiglio.

Ha conosciuto Madonna di Campiglio all’inizio della sua carriera. Quanto e cosa ha significato per lei vivere la “Perla delle Dolomiti di Brenta”? Cosa le ha lasciato?

Mi ha lasciato i ricordi di tanti anni bellissimi, che conserverò per sempre. E quanto alla carriera, è lì che ho imparato ad ottenere tanto con risorse limitate. E allora, in qualche modo, ti manca. È stata un’esperienza professionale, ma soprattutto di vita, che talvolta rimpiango. E credo di essere stato molto fortunato a poter vivere e lavorare in un ambiente così bello: un ambiente che, quando lasci per seguire altre sfide, ti fa capire quanto è speciale.

Ma mi sento ancora felice quando, anche solo per pochi giorni, posso tornare a goderne le bellezze.

Campiglio ieri, oggi, domani. Com’era la Madonna di allora, come la vede oggi e come la vorrebbe tra qualche anno?

La Campiglio di allora… Forse c’erano più valori umani, più legami con la tradizione e la storia locale. Mi ricordo i panini di Franco al Laghetto, le torte della “latteria” di Giorgetto Stefani, lo Stork Club dei fratelli Beltrami dove sono passate intere generazioni di giovani. Mi ricordo la “vecchia” Montanara, il Bar Maturi (alla fermata della corriera) e il bar Alpi, più frequentati dai locali, dove cercavano di intrufolarsi i turisti, e lo Suisse, dove accadeva esattamente il contrario, i ragazzi del posto tentavano di mescolarsi con i Vip che costituivano la clientela abituale. E poi c’era il negozio del mitico Bisti, le cui foto in bianco e nero adornano ancora tanti bar, negozi e hotel… la polenta concia dei fratelli Artini al Montagnoli, il Ballo delle Guide, i giorni della Coppa del Mondo di Sci in cui la 3Tre si animava per l’arrivo dei team di tutto i mondo e ospitava sia lo slalom speciale che il gigante. Alcuni di questi luoghi non esistono più; altri si sono trasformati, sofisticati, per adattarsi alle esigenze di oggi. Alcune volte a ragione, altre volte lasciando un po’ di rimpianto, ma i tempi cambiano ed il mondo va avanti. Mi ricordo di quel giorno che feci una chiacchierata con Claudio della Genzianella, che aveva appena cambiato il suo menu nel tentativo di adattarlo a gusti più raffinati. Non si può avere un futuro senza un solido passatoIo mi ero lamentato, spiegando che la gente di città mangiava tutto l’anno, anche per motivi, diciamo così, di lavoro, cibi più di… design che di sostanza. Consigliai a Claudio di tornare al vecchio menu, di ripristinare la tradizione della cucina casalinga locale, in modo che la gente, almeno in vacanza, potesse davvero mangiare cose tradizionali e cucinate come a casa. Lui mi ascoltò, e credo che questo sia un buon esempio da ricordare: di come non si possa avere un futuro senza un solido passato. Oggi i tempi stanno cambiando, ma ci sono ragazzi campigliani che si impegnano tanto, soprattutto nel volontariato o nell’organizzazione di eventi sportivi o “remake” storici come il “Carnevale Asburgico” o nelle loro attività imprenditoriali, come Roberto Maroni allo Chalet Spinale e con molti altri che ne seguono l’esempio.

Quali considera essere i punti di forza di Campiglio da custodire e valorizzare? Quali le debolezze sulle quali lavorare?

Il punto di forza principale è l’aspetto ambientale; le debolezze… beh, non vengono certo dalla natura (soprattutto d’estate), perché credo che Campiglio in questo abbia ricevuto un regalo straordinario, e nemmeno dai meravigliosi impianti da sci; piuttosto da quelle persone che, come tanto spesso accade in Italia, a volte investono più tempo nel criticare che nel fare squadra e nell’agire per il bene di tutti.

Conosciamo l’affezione che ha tuttora per la nostra località turistica. Ce la può sintetizzare in alcune parole?

Quando sono a Campiglio, anche solo per poche ore o per pochi giorni, trovo la pace, la serenità, la gioia di rivedermi con i pochi amici che ho: Gigi, Dario, Walter, Claudio, Robi, Adriano… E spesso penso: questo è il posto in cui mi piace stare.

Nel 1991 nasceva “Wrooom”, un incontro annuale per la stampa diventato un evento internazionale, unico, definito il “21° Gran Premio”. Come è nata l’idea? Quali i momenti memorabili?

Col calendario F1 di oggi, Wrooom sarebbe il ventiduesimo Gran Premio… Tutto cominciò, come racconta il libro, con quattro amici al bar (Botti, Franco Bisti, Lidio ed Ercole Colombo). Una normale operazione di PR da fare con la stampa, che in pochi anni diventò un evento gigantesco. I momenti che ricordo? Tanti: la Ferrari F1 che gira sull’anello ghiacciato del laghetto con Luca Badoer, molti anni prima che la Red Bull facesse qualcosa di simile; la Ducati, sempre sul ghiaccio, con Vittoriano Guareschi; Bernie Ecclestone che allo Spinale guarda il gruppo del Brenta e chiede: “Ma dove la tenevate nascosta tanta bellezza?”. Soprattutto ricordo i giornalisti, italiani e stranieri, che già a giugno, nonostante fossero impegnati con i Gran Premi, si informavano per sapere se sarebbero stati nella lista degli inviti. E infine ricordo le passeggiate, le sciate, le chiacchierate e le risate, tra impegni professionali e di svago, con Michael Schumacher, e con tantissimi altri campioni che sono passati di lì.

La nuova esperienza nel ruolo di Team Principal di Ferrari… Come la racconterebbe agli amici campigliani?

Un’esperienza diventa tale nel momento in cui entra a far parte del passato. Io la sto ancora vivendo; e potrei paragonarla a una cordata in parete, dove devi sempre guardare in alto, facendo attenzione a ogni mossa, valutare quello che ti sta davanti e renderti conto di quello che succede alle tue spalle, guidando i tuoi compagni di cordata con coraggio, fiducia, con la massima determinazione e – perché no? – anche con un pizzico di paura; perché è la paura che a volte ti insegna a valutare il rischio, ad affrontarlo e conquistare la vetta.

Ci potrebbero essere spazi, in futuro, per nuove iniziative di collaborazione tra il mondo dei motori, la Ferrari, e Madonna di Campiglio?

Credo di no: ma mai dire mai…

Imprenditore e leader, si nasce o si diventa? Devi agire con onestà, coraggio e lealtà.

Io non sono un imprenditore, e rispetto chi lo è. Per essere un leader devi essere un manager che si comporta con spirito imprenditoriale, assumendoti le tue responsabilità, guidando e rispettando il tuo team. Non sei tu che devi appuntarti la targhetta da leader: chi lavora con te, se ti riconoscerà come tale, te lo farà capire! 

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